Matrimonio nella Chiesa Bizantina

L'attuale cerimonia del Matrimonio nella Chiesa Bizantina congloba due  momenti in origine distinti: il fidanzamento ed il matrimonio vero e proprio. Già in età antica a Bisanzio la cerimonia religiosa ha ottenuto il riconoscimento da parte dell'autorità civile con tutte le implicazioni legali. Lo scambio degli anelli Nel sentimento popolare ed anche nell'interpretazione giuridica, il fidanzamento, in realtà semplice promessa di futuro matrimonio, ha acquisito un carattere di indissolubilità, tanto che il suo scioglimento veniva inteso quasi come un divorzio, mentre il decesso di uno dei fidanzati dava luogo a rivendicazioni sulla successione ereditaria. Per evitare questi inconvenienti le due celebrazioni, inizialmente distinte sono stati temporalmente avvicinate sino a confluire nell'unica cerimonia attuale. L'altare preparato con le corone ed il calice comune Il testo che viene qui proposto prevede la celebrazione del matrimonio come evento a se stante; può però essere celebrato all'interno della Divina Liturgia, in questo caso, le litanie diaconali potranno sostituire quelle consuete. Quando il matrimonio venga celebrato in occasione della Liturgia festiva della comunità e, come avviene ad esempio nella chiesa romana di S. Atanasio dei Greci, non si voglia modificare l'ordine di questa, lo svolgimento potrà essere il seguente: Prima dell'inizio della Liturgia il sacerdote accoglie la coppia alla porta della chiesa. L'ingresso in chiesa Dopo le domande e la benedizione di rito il sacerdote e la coppia avanzano nella navata mentre il coro canta la Grande Dossologia od altro inno adatto alla circostanza. Il sacerdote rientra nel vima e inizia la celebrazione della Divina Liturgia mentre i futuri sposi prendono posto lateralmente in un luogo distinto. Celebrazione del Matrimonio La Divina Liturgia segue lo svolgimento consueto; al momento della comunione la coppia si avvicina per prima alla porta del vima. Il matrimonio segue immediatamente il termine della Liturgia dopo l'opistamvonos.   L'incoronazione Lo scambio delle corone Il calice comune La processione attorno all'altare

 

La Religione Arbëreshe

Un elemento che caratterizza e distingue le comunità arberesh è il rito bizantino,cui il papa Paolo III, nel 1536, attribui' pieno riconoscimento nell'ambito del cattolicesimo. Le chiese all'esterno presentano diversi stili architettonici ma all'interno sono in stile bizantino, ricche di icone e di mosaici.
L'espressione liturgica è anch'essa bizantina; la lingua liturgica, fino a pochi anni or sono greca, è ora albanese. Molte comunita', ancora oggi albanofone, hanno perso lungo i secoli il rito greco bizantino che professavano in principio. Cio' e' avvenuto dietro le pressioni delle autorita' religiose e civili a livello locale. Si puo; affermare che la meta' delle comunita' di origine albanese, nei primi due secoli, siano passate dal rito bizantino a quello latino.

Il rito bizantino si mantiene soprattutto nelle comunita' arbereshe della provincia di Cosenza, in Calabria, e in quelle vicine a Piana degli Albanesi, in Sicilia. Ecco un elenco delle comunita' albanofone passate al rito latino: Andali, Barile, Campomarino, Caraffa, Carfizi, Casalvecchio, Cerzeto, Chieuti, Ginestra, Greci, Marcedus, Maschito, Montecilfone, Pallagorio, Portocannone, S. Caterina Albanese, S. Cristina di Gela, San Martino di Finita, S. Marzano di San Giuseppe, S. Nicola dell'Alto, Spezzano Albanese, Ururi, Vena di Maida, Zangarona. La tradizione religiosa si sviluppa su due piani: da un lato quella ufficiale della Chiesa dal tipico rito bizantino che segue i canoni, anche s non in maniera del tutto uniforme, della Chiesa Orientale; dall'altro lato, si ha la tradizione della religiosita' popolare che si esprime in forme e circostanze proprie. A tale proposito, si ricordano come esempio le "Kalimere", una sorta di canto religioso eseguito da gruppi di giovani, che la vigilia di una festa girano casa per casa a dare l'annuncio della festivita'.

 

L'elemento religioso in queste comunità non solo ha avuto una funzione di guida spirituale, ma è stato anche e soprattutto promotore di iniziative per la salvaguardia e la tutela del patrimonio culturale e tradizionale arbëresh.
Basti pensare alla storia e alla funzione dei due grandi centri culturali italo-albanesi: i collegi di San Benedetto Ullano e di San Demetrio Corone.
Questi collegi, a livello universitario, erano gestiti dal clero arberesh ed erano stati creati con lo scopo di formare i novelli sacerdoti; in seguito acquistarono sempre più un carattere laico e diventarono centri molto importanti di cultura umanistica e di cultura arbëresh.

I segni piu' evidenti di tale importanza si hanno gia' dal 1592, anno comunemente assunto come inizio della storia della l e t t e r a t u r a albanese in Italia, con l'opera di Luca Matranga. Nei centri di formazione religiosa, dal Collegio greco in Roma ai due Collegi sopraindicati si formarono tutti gli intellettuali albanesi fino a tutto il XVIII secolo. Da questi centri si formarono eminenti figure del Risorgimento italiano quali: tra i piu' importanti ricordiamo: Agesilao Milano,Gennaro Placco, Domenico Mauro e famosi letterati quali: Girolamo De Rada, Giulio Variboba, Giuseppe Serembe , Luca Matranga, Nicola Figlia, Nicolo' Brancato, Giovanni Tommaso Barbaci, Nicolo' Chetta, Pietro Pompilio Rodota'e tanti altri.

Le Strutture oggi osservanti il rito bizantino, la chiesa arbëresh è attualmente sotto la giurisdizione della Santa Sede, governata da due Eparchie, (i Vescovi Bizantini): una a Lungro-Cosenza (il cui motto ispirato da G. Stamati "Te jenjen nje", retta da Mons. Ercole Lupinacci, comprendente le comunità arbereshe della Calabria nord, Basilicata meridionale e l'oasi arbereshe d'Abruzzo, Villa Badessa.
Un'altra gloriosa Eparchia o Piana degli Albanesi-Palermo retta da Mons. Sotir Ferrara (riguardante l'area siculo-Arbereshe ed il Catanzarese).
Le due sedi eparchiali furono istituite, rispettivamente il 13 febbraio 1919 da Benedetto XV ed il 26 ottobre 1937 da Pio XI.
L'Arberia ha dato anche, al soglio di Pietro, un suo rappresentante in Clemente XII, della famiglia Corsini (la madre era Arbereshe di San Benedetto Ullano).
Nella stessa area di influenza rituale, sono da annoverarsi: la Badia Greca di Grottaferrata (Roma), il Collegio Greco e la Chiesa di Sant'Attanasio nella capitale (che diffonde da decenni la lettera mensile "BESA") e la Chiesa della Martorana a Palermo; nonché quella del SS. Salvatore di Cosenza con Papas Antonio Bellusci, direttore di "Ljdhia". A Palermo edita da molti anni, pure, "Oriente Cristiano" di P. Gionfriddo, mentre a Piana escono "Mondo Albanese" e "Pranvera".
Un evento di portata storica che certamente ha rivoluzionato gli ambienti della provincia dauna, si è verificato - di recente - a Chieuti (Foggia).

Il Matrimonio(Sotto l’aspetto religioso).

Quali le differenze e le particolarità rituali? In Basilicata le due comunità che coltivano detto costume, San Costantino e San Paolo Albanese, avviano (mesi prima) le fasi del complesso cerimoniale - i paraninfi (testimoni) della coppia sono scelti all'interno della gjitoria (vicinato), fra parenti o conoscenti legati da solidarietà e vecchi comparizi (es.: ShenJanit).
Fino a pochi anni addietro, non si usavano affatto cartoncini d'invito: erano gli stessi promessi (dhendri dne nusja) ad andare ad invitare di casa in casa (shpie pe shpie).
Nello specifico rito in chiesa, essi vengono incoronati con fiori d'arancio (in Albanese, si dice: ve kurore) e sotto un unico candido drappo, appoggiato dall'officiante, sulle spalle dei due giovani, si scambiano gli anelli, con una serie di "giri" di particolare effetto scenografico, dopo avere bevuto ambedue, dal calice di cristallo ed essersi comunicati con pezzetti di pane azzimo.
Detto calice, dopo l'omelia e le altre fasi corali del rito, viene distrutto dal papàs, come segno dell'indissolubilità e di irripetibilità dell'unione testé consacrata.

 

 

 

 

 

 

 

 

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