Luigi Giura Da Maschito (PZ)

Scritto da Atanasio arch. Pizzi

Ing. arch. Luigi Giura Da Maschito (PZ).

Luminare, di origine Arbëreshë, della scienza esatta, è stato dal 1820 sino al 1862 colui che ha reso grandi servigi all’ingegneria Europea.Quando il 7 Settembre del 1860 Garibaldi giunse a Napoli, dovette dar vita al governo provvisorio che avrebbe condotto al plebiscito del 21 Ottobre del 1860; per lo scopo, mise al suo fianco uomini di elevato spessore morale e professionale, i quali dovevano rispondere alle emergenze che attendevano il capitolato Regno Borbone che doveva essere inglobato alla nascente nazione italica.
I prescelti che rivestirono quelle cariche istituzionali furono: Il Prodittatore – Giorgio Pallavicino, Il Ministro dell’Interno e Polizia – Raffaele Conforti, Il Seg. di Stato degli affari Esteri – Francesco Crispi, Il Ministro di Grazia e Giustizia – Pasquale Scura, Il Ministro di Guerra e Marina – Amilcare Anguissola, Il Ministro dei Lavori Pubblici – Luigi Giura.
Le figure istituzionali di Luigi Giura, da Maschito in provincia di Potenza, Pasquale Scura da Vaccarizzo Albanese in Provincia di Cosenza e Francesco Crispi da Palazzo Adriano in provincia di Palermo, riassumono il contributo sostanziale che gli arbëreshë, in quelle regioni, fornirono all’unificazione dell’Italia.

Crispi, Giura e Scura sono tre figli della comunità minoritaria d’Arberia, che fu tra le più operose e presenti in tutti gli intervalli storici che contribuirono al miglioramento sociale, culturale, economico e politico del meridione d’Italia.
Le storie che caratterizzarono questi uomini, differiscono per le discipline in cui essi seppero primeggiare, politico Francesco Crispi, magistrato Pasquale Scura, ingegnere Luigi Giura; accumunati tutti da un spiccato valore morale.
Degli uomini d’arberia in questo scritto mi soffermo sull’Ingegnere-Architetto Giura, poiché poco conosciuto all’interno della comunità Arbëreshë e in quella Albanese che ha sempre prediletto i letterati ed i giuristi in senso generale.
Egli si distinse nel periodo in cui il meridione viveva il dominio dei Borbone, questi ultimi, seppero imbrigliare la sua geniale professionalità e rendere le opere dell’ingegnere vanto e ricordo del periodo di dominazione, che di questa condizione tutt’oggi, rimane marchiato a torto.
Ingabbiando il suo immenso sapere, nonostante egli avesse avuto una chiara presa di posizione nei motti del 1848, ancora oggi rievocare il suo elevato spessore tecnico e artistico, ha sempre messo in luce il periodo storico e non il genio del professionista arbëreshë.
Spetta a noi albanofoni, mettere in risalto la sua figura di gentiluomo e di grande luminare dell’ingegneria.
Le sue opere rappresentano il vanto e i traguardi cui giunse il meridionale nel periodo che va dal 1820 al 1860.

Le parole con cui Paolo Emilio Imbriani, Presidente del Consiglio Provinciale Napoletano, salutò il nobile ingegnere il giorno del suo funerale, racchiudono la personalità del Giura: uomo di Scienza Onesta da associare al principio più dominante della Scienza Esatta.
Maschito piccolo centro minoritario di etnia albanofona allocato nell’area del Vulture in provincia di Potenza, Giovedì 1° ottobre del 1795, Vittoria Pascale, mette alla luce Luigi figlio di Francesco Saverio Giura.
Le prime nozioni scolastiche li acquisisce presso i padri delle Scuole Pie nella stessa provincia lucana.
Terminato brillantemente questo primo ciclo, il giovanotto fu affidato a Napoli allo zio materno Vincenzo, che lo indirizzò verso quelli scientifici, con particolare predilezione per la scienza, la matematica, la meccanica e l’idraulica.
Nel frattempo, il giovane arbëreshë, seguiva anche i corsi di disegno e composizione nell’Accademia napoletana di Belle Arti, completando la sua formazione, anche in campo artistico e architettonico.
Il 4 marzo 1811 sostenuto l’esame d’idoneità nella nascente Scuola Annessa al Corpo di Ponti e Strade, fu primo all’esito finale della prova, pur partecipando come allievo esterno.

Conseguito il titolo d’ingegnere e architetto nel 1814, con la delega a coadiuvare il cav. Bartolomeo Grasso, ingegnere del dipartimento, che si occupava delle aree in Terra di Lavoro in provincia di Caserta.
L’Europa in questo periodo è in fermento per l’acquisizione di nuovi sistemi tecnologici, di produzione, scambio e trasporti; chiaramente anche il meridione d’Italia per non rimanere arretrato ed essere fagocitato o assoggettato ad altre potenze, rispose con l’istituzione del Corpo degli Ingegneri di Ponti e Strade e l’annessa Scuola di Specializzazione che avrebbe dovuto garantire il naturale ricambio generazionale del corpo,
Ma l’istituzione non ebbe molti consensi nei territorio meridionale, poiché questi ultimi gestiti dai principi e signori locali, non accettavano di buon grado le regole con cui gli ingegneri pianificavano il territorio nel suo insieme, ne accettavano le prospettive di miglioramento e salvaguardia a spese dei latifondisti.
La questione non fu di semplice risoluzione e si trascinò per molti anni, furono molti gli episodi che misero in dubbio il futuro del Corpo, che, intorno al 1817 rischiò persino il fallimento visto il gran numero di giudizi cui veniva continuamente sottoposto.

La svolta si ebbe quando nel 1824 la direzione fu affidata all’ufficiale Borbone Carlo Afan de Rivera, quest’ultimo oltre ad aver avuto una brillante carriera militare, aveva collaborato per molti anni nelle officine cartografiche del regno, quindi lucido ed esperto conoscitore del territorio, completata da una grande formazione nel campo della botanica.
Egli si assunse la responsabilità di inserire interamente lo statuto che regolava il Corpo istituito e collaudato già in Francia.
In seguito la definitiva svolta si ebbe quando con un budget di circa seimila ducati inviò Luigi Giura accompagnato da tre giovani ingegneri Agostino Della Rocca, Federico Bausan e Michele Zecchetelli, negli stati italiani, in Francia, in Inghilterra e in alcune località della Svizzera per visitare ed acquisire le nuove metodiche nel campo dell’ingegneria.
Giura partì da Napoli il 18 luglio 1826 per ritornarvi il 27 luglio 1827, il programma di viaggio seguito dai tecnici napoletani fece capo a una moltitudine di siti, dei quali i più importanti e ricchi di nozioni furono quelli Parigini e Londinesi.
L’ingegnere arbëreshë può ritenersi uno dei restauratori della nostra antica Scuola di applicazione; la quale fu la prima Scuola speciale per gli ingegneri dei Ponti e Strade che possa vantare l’Italia.
Nel 1828 ebbe l’incarico dal Governo napoletano di costruire un ponte sospeso a catene di ferro sul Garigliano.
Fu in Italia la prima opera di questo nuovo sistema che evitava di realizzare paramenti murari nel letto del fiume, con il conseguente cospicuo risparmio di tempo e danaro; la novità di questo ponte è rappresentata del congegno del pendolo per il quale Giura salì agli onori dei progettisti europei.

Il doppio pendolo allocato in cima al pilastro di sospensione, era in grado di distribuire precisamente le forze provenienti dalle catenarie al pilastro a cui scaricava solo ed esclusivamente quella dello sforzo normale mentre alle catene di ritenuta, infisse nel terreno mediante le piastre di trattenuta, le forze risultanti inclinate, questa spartizione delle forze avveniva con qualsiasi carico applicato al tavolato di calpestio.
Ma non solo questo fu l’innovazione del ponte che consentì al Giura di riuscire in questa epocale impresa, infatti egli assieme ai proprietari delle fonderia di Mongiana in Calabria mise a punto una lega che gli permise di realizzare le catenarie di sospensione, realizzando le maglie con il metodo della trafilature, metodica ancora sconosciuta in Italia.
In oltre in breve tempo grazie ai suoi grafici, mise a punto sia la macchina che potesse realizzare la trafilatura dei metalli, che quella per la loro prova di carico.
Un macchinario cosi invasivo che durante le prove, provocava dei piccoli terremoti nella zona dei mulini dove era allocata, per cui, dovette essere smontata e trasferita nella periferia della città partenopea, poiché i contraccolpi che provocava quando si provocava la rottura della maglia di prova, era simile a scosse sismiche di rilevante entità.
Il ponte del Garigliano rappresenta il riassunto delle capacità progettuali ingegneristiche e architettoniche di Giura.

Dopo questa brillante impresa gli fu affidato di realizzare il ponte sul fiume Calore, sempre su catenarie, impiegando una spesa minore del previsto; mentre sulla scia della burocrazia politica, e altri due, uno a Pescara e l’altro a Eboli sul fiume Sele, in località Barritto, non furono mai realizzati per lungaggini che in quel periodo aveva preso piede e rallentava il buon lavoro del corpo degli ingegneri.
L’altra grande opera realizzata da Giura fu la bonifica dell’emissario del Fucino, un condotto, realizzato da Claudio Imperatore per portare le acque del lago carsico nel fiume Liri, attraverso un cunicolo sotterraneo di circa sei chilometri.
Le opere per tenere in efficienza il condotto ebbero come protagonisti Traiano, Adriano, e poi Federico II di Svevia seguito da Alfonso I, ma nessuno di loro riuscì nel tentativo di realizzare un idoneo equilibrio di tutte le sezioni del condotto.
La realizzazione di un opera cosi antica venne sottoposta alla genialità di Luigi Giura nel 1835, il quale coadiuvato da valenti ingegneri del corpo, attraverso una serie di rilievi e studio appropriati, riuscì a sostenere gli incerti terreni della montagna, fino a raggiungere l’intero sgombero del celebre traforo,attraverso i campi patentini e del monte Salviano.
Egli fornì un progetto completo atto ad ampliare e restaurare l’emissario, oltre a tutte le opere utili a prosciugare il lago, sulla base dei suoi elaborati è stato possibile la realizzazione dell’opera che sino ad allora si riteneva irrealizzabile.

Nel 1839 fu promosso ispettore generale nel Corpo degli Ingegneri delle Acque e Strade e nella duplice funzione d’Ispettore e di membro del supremo Consiglio d’Arte del Corpo, prese parte in tutte le opere pubbliche di maggior rilievo.
Emblematico è l’episodio del 1853 quando il progetto della foce dei Regi Lagni in terra di lavoro fu pubblicato negli annali della facoltà di ingegneria, questo spinse i tecnici Francesi a recarsi nella biblioteca nazionale della città partenopea, per consultare quei volumi alla ricerca della innovazione messe in atto dal Giura.
Non vi fu luogo del regno, dove non si recò a esaminare strade, ponti, opere di regimentazione, bonifica, porti, non sottraendosi mai a fornire utili consigli finalizzati al buon esito e al compimento delle opere.
E al Giura che si deve la bonifica della zona detta di fossi, da cui partiva la ferrovia Napoli Portici Castellammare, oltre a progettare la stazione terminale Stabiese.
Sempre al Giura fu affidato il collaudo e il controllo della prima ferrovia italiana da Napoli a Portici, che pur essendo stata completata no si riusciva a trovare un tecnico capace di controllare che tutto fosse stato realizzato secondo i canoni progettuali, incarico che assunse e portò a buon fine in breve tempo.
A lui si deve la realizzazione dello zuccherificio di Sarno, interamente meccanizzato a trazione idrica, oggi ancora si conserva il condotto che muoveva la grande ruota a pale e una parte degli alberi che garantivano il movimenti dei macchinari.

Quando nel 1860, Garibaldi assunse la dittatura delle province meridionali, Luigi Giura fu prima nominato direttore generale dei Ponti e Strade e poi elevato a Ministro dei Lavori Pubblici.
Abituato a vivere a diretto contatto con le opere da innalzare non ritenne idoneo quell’incarico di Ministro che doveva tenere conto di esaminare il lato politico e non quello pratico, a cui lui era più incline.
Ma sopraffatto da gravi problemi fisici, oltre all’età preferì ritirarsi a vita privata non prima di essere insignito del titolo di Ufficiale del Real Ordine Mauriziano.
Tornato a Napoli rivestì l’incarico di architetto commissario del municipio napoletano, che aveva sostenuto per lunghi anni; anche perché si rese subito conto che la vita senza la sua professione non gli si addiceva e per la sua insostituibile professionalità fu eletto consigliere per la Provincia di Napoli.
Una febbre misteriosa nel giro di un mese, nonostante tutte le opportune cure mediche di allora, Luigi Giura muore il 1° di marzo del 1864, all’età di sessantanove anni.
Fu tumulato nel Cimitero Monumentale di Napoli con una solenne funzione in cui furono apposte le steli, realizzate dalla provincia di Potenza, in suo ricordo e di suo fratello Rosario morto esule a Nizza.

 

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