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Mercoledì, 28 Aprile 2021 16:50

TESSERAMENTO ANNO 2021

TESSERAMENTO ANNO 2021



Cari soci e Amici di VATRA ARBËRESHE,

Vi ringraziamo per aver sostenuto le nostre iniziative sia con l’iscrizione all’Associazione sia con la presenza agli eventi da noi realizzati malgrado le difficoltà dovute alla pandemia.
Il 2020 ha avuto un significato particolare, poiché il 28 giugno 2020 l’Associazione ha compiuto vent’anni dalla nascita e ha vissuto la propria storia ricca di eventi in diversi ambiti, di cui una elencazione è reperibile sul nostro sito web http://www.vatrarberesh.it.
In considerazione degli accresciuti oneri di lavoro ed economici è necessario incrementare il numero dei nostri soci che costituiscono l’origine più certa delle nostre risorse, oltre che una fonte insostituibile di idee e proposte. Ricordando che chi aderisce diventa parte integrante dell’Associazione e trova uno spazio pronto ad accogliere eventuali proposte e suggerimenti, indichiamo di seguito le modalità di iscrizione.
Dietro presentazione della scheda di iscrizione compilata, in ottemperanza agli Art. 5 -6 -7 e 8 dello Statuto, la tessera 2021 che ha validità annuale, verrà consegnata con un contributo di:

€ 20,00 Socio ordinario
€ 10,00 Studente
€ 50,00 Socio sostenitore
€ 100.00 Socio benemerito

 

L’iscrizione si può effettuare:
 
1.   Tramite bonifico bancario intestato a: Associazione Culturale di Minoranza Linguistica VATRA ARBËRESH IBAN: IT 71 K 02008 30362 000104928246

2.    In contanti ad un rappresentante del consiglio direttivo o con assegno intestato a Associazione Culturale di Minoranza Linguistica VATRA ARBËRESHE.

 

 

Il Consiglio Direttivo di
“VATRA ARBËRESHE”

Lunedì, 09 Novembre 2020 15:40

Arbëreshe lingua o dialetto?

Lingua o dialetto?
Si legge e si sente spesso parlare di “lingua arbëreshe” quasi come se fra gli Albanesi d’Italia fosse in uso un codice linguistico unico ed unitario, comune a tutte le circa cinquanta comunità albanofone con una sua specificità ed un suo status normativo.

Gli Italoalbanesi, invece, non hanno e né tanto meno usano un codice linguistico omogeneo quindi, piuttosto che definire l’arbërishtja una “lingua”, è più giusto che la si indichi, sia ai fini pratici che teorici, come una varietà linguistica dialettale alloglotta, storicamente sedimentata in territorio italiano a partire dal XV secolo circa e, più precisamente, con una sua origine nel ramo dialettale tosco parlato nell’Albania meridionale e, in parte, nelle comunità albanofone arvanite della Grecia.
Si è di fronte ad un variegato numero di parlate, tante quante sono le comunità, alcune strutturalmente più simili, 48 ed altre più diverse al punto da non essere reciprocamente comprensibili anche se il lessico di base, più omogeneo ed uniforme, può permettere un certo livello di intercomprensione anche fra i parlanti geograficamente più distanti.


Tuttavia i parlanti arbëreshë appartenenti ad aree dialettali diverse con molta difficoltà riescono a sostenere una conversazione od affrontare determinati argomenti in arbërisht, così come chiamano il loro dialetto, preferendo per comodità e semplicità ricorrere all’italiano; tale consuetudine è peraltro normale anche fra i parlanti di una medesima comunità quando si trovano a dover trattare argomenti più specifici diversi da quelli inerenti la vita familiare ed i bisogni quotidiani.
Come si vedrà, le parlate albanesi d’Italia, pur provenendo da un unico ceppo dialettale, sono fortemente divergenti.

Sicuramente tale divergenza è una conseguenza dell’evoluzione che esse hanno subito in terra italiana come risultato dei rapporti continuativi con i dialetti romanzi e con l’italiano regionale ma, come afferma giustamente Çabej (1975), è probabile che sin dall’inizio siano esistite evidenti differenze linguistiche fra i gruppi di profughi che hanno dato origine alle comunità della diaspora italiana per cui l’arbërishtja è il naturale risultato congiunto di due fattori, “tradizione ed innovazione”, che hanno operato nell’arco di cinque secoli.


Uno dei segnali distintivi di questa divergenza originaria, secondo Hamp (2000, dati personali) è, per esempio, il diverso esito nella terza persona singolare del verbo essere është “è”, che appare come isht nelle aree dialettali periferiche isht nelle aree dialettali periferiche isht del Molise, della Puglia, della Campania, della Basilicata settentrionale ed in Sicilia (tratto condiviso anche con Mandritsa in Bulgaria e Màndres in Grecia) che ricondurrebbe la provenienza di queste popolazioni alle comunità arvanite della Morea (Peloponneso), mentre nelle restanti aree della Basilicata meridionale e della Calabria esso mantiene la forma (con diverse sfumature di pronuncia) ësht(ë); accanto a questo interessante indicatore sarà bene ricordare anche la partecipazione di altri fenomeni nel campo della fonetica, della morfologia, della sintassi e del lessico che contribuiscono a definire con ulteriore precisione la “lingua” del popolo italoalbanese.

TRATTO DA: Studio antropologico della comunità arbëreshe della provincia di Torino a cura di Antonio Tagarelli.

Conferenza a Chieri il 18 Luglio 2018 ore 20,30 Sala Conferenze Biblioteca Civica "Nicolò e Paola Francone"

Serata di presentazione del libro "Viaggio nell'Italia in Minoranza - Stiamo Scomparendo" interverranno gli autori del libro, Nicola Feninno e Valerio Millefoglie.
Un viaggio dal Salento al Monte Rosa, nei luoghi d’Italia delle minoranze linguistiche, luoghi in cui la lingua madre non è l’italiano.
Abbiamo incontrato gli ultimi parlanti della lingua walser, nelle alte valli del Piemonte. Gli occitani, nel torinese e nel cuneese: la loro lingua è quella degli antichi trovatori. Siamo sbarcati sull’isola di San Pietro, nel sud della Sardegna, dove si parla il tabarchino. Siamo stati in Basilicata, nei territori degli arbëreshë, i discendenti delle popolazioni che nel XV secolo emigrarono in Italia dall’Albania. E nei piccoli paesi della Puglia dove sopravvive ancora oggi il grico: una lingua che, forse, resiste fin dai tempi delle antiche colonie della Magna Grecia o che, forse, è stata esportata nel Medioevo dall’Impero Bizantino.
Cinque reportage firmati da cinque scrittori: Franco Arminio, Viola Bonaldi, Nicola Feninno, Valerio Millefoglie, Mirco Roncoroni.
Un’ampia sezione fotografica con gli scatti di Emanuela Colombo.
E sette contenuti speciali, che raccontano il rapporto tra lingua e identità nei territori dell’Italia meno raccontata, a cura di Gionata Giardina, Davide Gritti, Alessandro Mininno, Gianni Miraglia, Alessandro Monaci, Luca Perri.
Stiamo scomparendo – Viaggio nell’Italia in minoranza è un libro di reportage narrativo e fotografico su cinque minoranze linguistiche. Una narrazione a più voci che nasce dall’esperienza di CTRL magazine. E dalla passione per le storie fuori dai radar.

Conferenza su "L'amico arbëresh di Carlo Levi" Ricordi a cura di Francesco Esposito.

Venerdì, 08 Aprile 2016 12:02

Corso di Computer Gratuito

CORSO GRATUITO ALL'USO DEL PERSONAL COMPUTER


APERTO A TUTTI I CITTADINI, GIOVANI E MENO GIOVANI, PER CHIUNQUE VOGLIA METTERSI IN GIOCO PER IMPARARE AD USARE I NUOVI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE
SEDE DELL'ASSOCIAZIONE VATRA ARBËRESHE ONLUS
VIA San Filippo, 2 CHIERI
ORARI:
- LUNEDI' ORE 16.00-17.30   LEZIONE
- VENERDI' ORE 18.00-19.30 ESERCITAZIONE
  
DOCENTE: Roberto ZANCHETTIN
 

Martedì, 05 Maggio 2015 18:58

Le origini Arbëreshë di Antonio Gramsci

Relatori:
Antonio Gioseffi - Vice Presidente dell'Associazione Vatra Arbëreshë
Prof. Giovanni Carpinelli - storico dell’Età Contemporanea Università di Torino per la Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci di Torino.


Sarà presente S.E. Prof. Neritan CEKA , Ambasciatore della Repubblica d’Albania in Italia.


In collaborazione con:
Fondazione Istituto Piemontese “Antonio Gramsci” di Torino
Centro di Cultura Albanese di Torino

con il patrocinio della Città di Chieri

Ingresso libero sino ad esaurimento posti

Giovedì, 08 Maggio 2014 21:02

Mostra Albania 2014

VJESH / CANTO

Un documentario di ROSSELLA SCHILLACI (DIGIBETA 57' - 2008) parte del progetto ALBA SUITE:
9 documentari d'autore sulla cultura delle comunità arbëreshe in Italia a cura di Salvo Cuccia e Eleonora Cordaro

Basilicata. Le donne di San Costantino e San Paolo Albanese cantano, con la loro voce acuta, lacerata. Cantano gli antichi vjeshet, tramandati da madre in figlia, che raccontano la fuga degli albanesi rifugiatisi nell'Italia meridionale cinque secoli fa. Ma sono anche sfoghi di donne, che per alleviare la fatica del lavoro nei campi “gettavano” canti da una collina all’altra. Nel ’54 l’antropologo Ernesto De Martino organizzò una spedizione in nell’entroterra lucano, registrando i vjeshet. Ora le donne raccontano con ironia di come 40 anni dopo sono loro ad aver viaggiato per tutta l’Italia per fare concerti, andando anche in Francia e in Albania. Il documentario mostra la vita in questi due paesi, il rapporto tra individui e tradizioni, alcune ancora sentite e tramandate, altre subite ed odiate. Storie di donne coraggiose e ironiche, storie di emigrazioni e di ritorni raccontate nell’arco di un’estate, attraverso incontri semplici e quotidiani che svelano i ricordi, le gioie e le durezze della vita di ognuna di loro.

 

Immagini ROSSELLA SCHILLACI, SONIA ANTONINI -
Suono in presa diretta ROBERTO REMORINO -
Segretaria di produzione FEDERICA GRUPPIONI -
Montaggio MARTA ZEN -
Post-produzione audio MIRCO GUERRA -
Ricerca etnomusicologica NICOLA SCALDAFERRI produzione esecutiva AZUL -
Produzione NICOLA SOFRI per PALOMAR ENDEMOL nell’ambito del progetto ALBA -
Regia ROSSELLA SCHILLACI


 

“Albasuite”

Rassegna di documentari sulla cultura degli arbëreshe:

albanesi per lingua, bizantini per rito, italiani per adozione


mercoledì 18 dicembre ore 21.00

c/o Associazione Vatra Arbëreshe - Complesso S. Filippo

Via San Filippo, 2 – 1° piano

 


INGRESSO LIBERO
Fino ad esaurimento posti

 


Con il Patrocinio della Città di Chieri
 

Venerdì, 15 Novembre 2013 03:55

Sportello Linguistico e di Accoglienza

In conformità all’ Art. 3.2 della Convenzione tra la Città di Chieri e l’Associazione “Vatra Arbëreshe” nell’ambito delle politiche socio-educative e culturali della Città di Chieri, per i motivi di comunanza culturale e linguistica, l’Associazione “Vatra Arbëreshe” è ritenuta punto di riferimento ed integrazione per la presenza degli albanesi di recente immigrazione.

Pertanto,così come previsto dallo Statuto della stessa associazione, che all’ Art. 3.5 recita:
“…tutelare gli interessi generali degli immigrati arbëreshë e albanesi, favorendone l’inserimento sociale e promuovere attività assistenziali. Questo comporta l’esclusivo perseguimento delle finalità sociali, da realizzarsi attraverso attività di assistenza socio-sanitaria, di beneficenza, di istruzione e formazione a favore delle predette situazioni, in collaborazione con gli organi istituzionali preposti…” in ottemperanza alla sopraccitata Convenzione, l’Associazione “Vatra Arbëreshe”, presso i locali dell'Associazione, terrà in funzione lo “Sportello linguistico e di Accoglienza” con apertura al pubblico tutti i venerdì dalle ore 21.00 alle 23,00 con possibilità di ampliare i giorni e l’orario secondo le esigenze che si presenteranno, in stretta collaborazione con Consorzio Servizi Socio-Assistenziali del Chierese.

Servizi offerti:
· Informazione su corsi di formazione e inserimento al lavoro.
· Informazioni e organizzazione di corsi di lingua italiana per cittadini stranieri.
· Informazione sulla legislazione regionale e nazionale in materia di immigrazione e sui servizi pubblici a favore degli immigrati.
· Organizzazione di incontri e conferenze sui problemi dell’immigrazione e segnalazione alle Istituzioni preposte dei bisogni essenziali in campo scolastico-linguistico, sanitario, abitativo.
· Inoltre, allo scopo di conservare il valore dell’identità della terra di origine, si proporranno iniziative e attività culturali, anche attraverso corsi di lingua madre e di cultura di origine, finalizzati a rinsaldare i rapporti culturali tra le varie comunità presenti sul nostro territorio.

 

 

ARTICOLO PUBBLICATO SU FACEBOOK

Domenica, 30 Giugno 2013 21:43

Arvareshu - il protosardo illirico

IL protosardo illirico viene definito arvareshu, lingua sarda prelatina o lingua shardana di origine pelasgica (popoli del mare) parlata in Sardegna dall'epoca nuragica fino al periodo imperiale bizantino in base a quanto attestato dallo storico bizantino Stefano di Bisanzio. Oggi è estinta. Questa lingua, seppur codificata, oggi è citata solo per alcune perifrasi, se ne conservano comunque innumerevoli parole nella lingua sarda parlata, soprattutto in Barbagia, cosa che porta ad affermare che la latinizzazione del sardo non è stata pienamente completata.
E' esemplificativa la lingua dei centri del Monte Santo (Sardegna Orientale - Golfo di Dorgali) dove per un unico significato si usa spesso il termine latino e quello prelatino. Gli "arvaresos" sono gli odierni barbaricini in Sardegna. I romani chiamavano i barbaricini ilienses che etimologicamente hanno la stessa radice semantica degli illiri. I predecessori dei barbaricini e dei sardi sono i nuragici o shardana.

 

PREMESSA E RINGRAZIAMENTI DALLO STAFF DI VATRA ARBËRESHE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il lavoro di ricerca effettuato dal Dr. Salvatore Bovore Mele su "Il proto sardo illirico" che viene definito "arvareshu".
Oltre all'importanza della ricerca, peraltro affrontata anche da altri studiosi, si apprezza la passione e la competenza con cui è stato affrontato l'argomento.
La presente Associazione si adopererà per la comune causa culturale che ci viene proposta e ringraziamo il Dr. Salvatore Bovore Mele per il prezioso contributo offertoci, ricordando a chiunque volesse collaborare, inviando articoli e opinioni culturali , che il sito dell'Associazione sta diventando sempre più interattivo, perciò aperto al dialogo diretto con l'interlocutore.
Vogliamo inoltre ricordare al Dr. Mele che oltre la comunanza linguistica, fra arbereshe e sardi abbiamo anche un grande personaggio storico in comune: Antonio Gramsci.

Grazie ancora e aspettiamo altri contributi che verranno volentieri pubblicati.
Lo Staff di Vatra Arbëreshe

 

BIOGRAFIA DI SALVATORE BOVORE MELE

Visualizza il ProfiloSalvatore Bovore Mele è nato nel 1965 a Dorgali, paese sulla costa orientale della Sardegna, appartenente alla regione centrale della Sardegna chiamata Barbagia. Da bambino ha vissuto in Germania. Vive in inverno sulla costa a Dorgali e in estate nella antica capitale della Sardegna centrale chiamata Ollollai. Lui è un agronomo e forestale. Si è laureato a Firenze nel 1991. Si tratta di un nativo della Sardegna. Scrive fluentemente in lingua sarda. Parla molte lingue europee. Opera dal 1991 nell'ufficio tecnico regionale forestale di Lanusei ex A.F.D.R.S. oggi Ente Foreste della Sardegna. Ha provveduto ad organizzare l'ufficio tecnico regionale forestale Ogliastra nella città di Lanusei, costa orientale della Sardegna, che gestisce da dieci anni e che ha un organico di 1500 unità. E 'stato direttore dell'ambiente della centrale provincia di Nuoro in Sardegna. È stato a capo della pianificazione urbana e ambientale nella provincia di Nuoro ed è stato responsabile della pianificazione urbana del paese di Dorgali. E 'stato assessore ai Lavori Pubblici del comprensorio montano della Barbagia. Nel suo paese ha fondato la polizia locale chiamata "barratzellos". Ha scritto un libro sulla storia medievale della città di Dorgali. Di etnia sarda è un sostenitore dell'autonomia regionale sarda ed è un promotore dell'insegnamento della lingua sarda nella scuola pubblica nella variante usata per la scrittura che è stata approvata dalla Regione Autonoma della Sardegna e che viene chiamata Limba Sarda Comune (L.S.C.). Occorre precisare che il sardo odierno è stato influenzato più dalle parlate iberiche, catalano e castigliano, che non dall'italiano, infatti la Spagna è stata presente culturalmente per cinque secoli in Sardegna, mentre l'Italia è presente da 150 anni. Egli condivide per la civiltà nuragica e la lingua l'origine illirica dai Balcani e dal mare Egeo. Per Salvatore Bovore Mele la civiltà nuragica è l'antica cultura della Sardegna che, dopo l'estinzione degli Etruschi divenne il popolo di Sardegna che è l'unico erede con gli albanesi dei popoli del mare.

 

Ritornando alla lingua...
E' esemplificativa la lingua dei centri del Monte Santo (Sardegna Orientale - Golfo di Dorgali) dove per un unico significato si usa spesso il termine latino e quello prelatino. Gli "arvaresos" sono gli odierni barbaricini in Sardegna. I romani chiamavano i barbaricini ilienses che etimologicamente hanno la stessa radice semantica degli illiri. I predecessori dei barbaricini e dei sardi sono i nuragici o shardana.
Questa lingua si è estinta in ultimo in Barbagia (Arvarè o Arvaria in arvareshu) nella zona interna della Sardegna (Shardinna in arvareshu). Il protosardo illirico apparteneva alla famiglia linguistica tirrenica alla quale si ascriveva anche l’etrusco e il pelasgico o greco antico predorico o greco arcaico che oggi molto più semplicemente viene ascritta alla famiglia illirica. Le uniche lingue moderne parlate che possono essere ascritte oggi a questa famiglia sono l’albanese e l'arvanita. Il termine "arvareshu" prende il nome da "Arvarè" il termine medioevale usato per definire la Barbagia e l'Arborea. Questa lingua era presente fino all'alto medioevo. È una lingua che persiste con molte parole nel sardo dell'interno frammista alla struttura latina ma non per questo meno organizzata, la sua origine è chiaramente neoillirica. Se si togliessero le parole latine dal sardo quelle che rimangono sono per l'80% illiriche e oggi le ritroviamo ancora nel tosco e nel ghego, ma soprattutto in quest'ultimo. Il progenitore del protosardo e del sardo, in parte, è in comune con l'albanese. Il sardo si latinizzò definitivamente con la chiesa latina dopo la fine traumatica della chiesa autocefala greca sarda "Cresia Arrega Sarda", fondata da San Lucifero Vescovo di Cagliari, e del suo clero avvenuta nel 1054 (Scisma d'Oriente). Non si tratta comunque dell'ipotesi linguistica della grande Albanìa, ma della probabile origine indoeuropea balcanico-egeica e anatolica dei protosardi o degli shardana almeno per via degli innumerevoli termini parlati usati dai barbaricini del Centro Sardegna che essi hanno in comune con gli schipetari dell'Albania e gli arvanites di Grecia. I costumi sardi dipendono dall'area balcano egeica anatolica, i costumi dei frigi avevano lo stesso copricapo dei sardi e degli antichi illiri e dei lidi, lo stesso gonnellino dei sardi è proprio degli albanesi e degli arvaniti. Il canto a tenore sardo ha una grande somiglianza con il Kenge Labe albanese.
La chiave di lettura del protosardo è verosimilmente dato dalla famiglia di lingue balcano-egeiche e anatoliche dette tirseniche (o tirreniche), derivata dal nome Tyrrhenoi. Si tratta di una classificazione di lingue proposta dal linguista Helmut Rix (1998). Le lingue tirseniche comprenderebbero la lingua etrusca, la retica, insieme alla lemnia, che Rix identificò in stretta relazione avendo evidenziato un certo numero di parole imparentate. In questa famiglia, che è molto probabile sia propriamente di tipo illirica, rientrerebbe anche il protosardo, quello dell'ipotesi balcanico-egeica. Bibl.: Dieter H. Steinbauer, Neues Handbuch des Etruskischen, St. Katharinen 1999; Helmut Rix, Rätisch und Etruskisch, Innsbruck 1998; L.R.Palmer, Mycenaeans and Minoans, Second ed. New York: Alfred A. Knopf. 1965. Il piccolo vocabolario sotto riportato indica solo una piccola parte degli innumerevoli termini in comune. Solo a titolo esemplificativo si riportano i seguenti prefissi in arvareshu corsivo preceduti dal moderno albanese e seguiti dall’italiano: In corsivo il proto sardo (la c si legge sempre duro come in chiesa, gj si legge gh come ghiro, xh è la z sonora, x suona tz, j e zh si legge j alla francese, sh si legge come in sci, s si legge sonora, c con la cediglia si legge come in cece in italiano, dh si legge th inglese in rather, d è sempre cacuminale palatale, la h fa diventare velare la consonante che la precede, le geminazioni nj e rz si leggono nz e rz con la r pronunciata all'albanese, il maschile è in genere in u e il femminile in a, plurale rispettivamente uru e ara che si leggono ùshu e àsha):
• Barras – barrasha – equo, uguale.
• Bashka – bashca – assieme.
• Kaloj – cola – passa.
• Kekj – cece, cecinu – cattivo.
• Kokje – cocu, cocinu – rosso.
• Lutem: ju lutem – lushcapo - prego.
• Ma – manne, mannu – più. Il I avverbio il secondo aggettivo.
• Madh – medha – grande. Indeclinabile al singolare.
• Mbare – imbare – bene. Avverbio.
• Mbare – imbaru – buono. Aggettivo.
• Mendim – miduine – pensiero.
• Mire – mira a – buono, bene. Avverbio.
• Mire – mira – buono, bene. Aggettivo.
• Fala me nderes: falaminderit – fallegamindra o fallega e ondra – Grazie. Indra significa onore.
• Pa – ba – senza.
• Paper – papara – poco.
• Papu – papu – inutile.
• Papu – papu o pape – inutile. Il I aggettivo, il II avverbio.
• Para – para – avanti.
• Pari – parishi – appaiati.
• Pas– papasha, papashcuasha – dietro.
• Plot – busu – pieno.
• Prapa – papasha – dietro.
• Prapanice – perpere – basso.
• Ri – arre – di nuovo.
• Rreti – reti – attorno, a cerchio.
• Rrjedh - riedu – scorrere.
• Ruga – rucha – strada
• Tej – adei – oltre.
• Shume – e isumesia – molto.
• Siper – tipe – sopra.
• Sulem – shulonju – scagliare.
• Sy – seiu – occhio.
• e - è - di.
Si riportano alcuni esempi di parole illiriche, usate ancora in Barbagia, Centro Sardegna, si riporta prima la parola albanese poi quella barbaricina e tra parentesi la parola in italiano:
lumi - lumina (sponda del fiume), leja - leia (permesso), dore - dola (mano), kekj - cecinu (cattivo), mistri - mishtra (calce), barde - bardule (calce), gure - gurdu (di pietra), gat - gata (fritella), gush - gusorju (legacci), gropa - gorropu (fosso), kamba - camba (gamba), kama - cama (piede), kokor - cucuru (testa), papescues - papascuash (retrovisore), djelle - udulu (ginepro), druri - druri (legno), deti - dadhanu (marino), luga - locharzu (cucchiaio), piru - piru (forchetta), koke - conca (testa), kuke - cucu (rosso), val - vala e mare (onda), anae - anae (nave), pej - pei (di materia p.es. pej kuku), ishil - ishiolu (verde), tzakor - xacora (scure), kelesh - careta (cuffia), zëri - xirri (voce), ther - tirrionju (scannare), shurra - shurra (orina), arga - argashile (amanuense), mut - moxoro (caca), kurmi - carena (corpo), male - malesha (monte), hane - hintula (luna), pi-u - piseta (pene), seller - sellere (sedano), ndër - interi (tra), madh - è medha (grande), dras - trastanja (tavola), leper - lepere (coniglio), jagar - jarachu (levriero), flok - froceddu (ciuffo), flaka - fraca (fiamma), brage - vracha (braghe), mac - macitu (gatto), ruge - rucha (strada), bora - borea (nuvola di neve), gjirja - gjiria (golfo o ansa), ecc.
La pronuncia più arcaica del sardo erede diretta di quella protosarda si registra nei tre centri dell'area del Monte Santo: Dorgali, Urzulei, e Baunei. È presente la c fricativa alla toscana, le velari, la j alla francese, la r pronunciata all'albanese nella geminazione rz (resorza) ecc. La pronuncia e la semantica di Dorgali sono il riferimento per lo standard de "s'arvareshu".
La comune lingua con gli illirici dei sardi antichi e dei barbaricini, sardi delle montagne centrali dell'isola, è testimoniata dai documenti scritti del massimo storico bizantino Stefano di Bisanzio, che maneggiò materiali di varia origine ed epoca, il quale è uno studioso fidato, e riporta: "Sardos, oos Parthos, polis Illyrias, oi politai Sardēnoi" e cioè "Sardos, come Parthos, città dell'Illiria, i suoi cittadini si chiamano Sardenoi" che agli atti è l'etnico più vicino foneticamente a quello dei Shardana. Parthos e la tribù dei Partini era ubicata nella zona centrale dell'Albania, presso Elbasan e lungo il fiume Shkumbin. Si ricorda anche che presso Scutari nell'estremo nord dell'Albania era ubicata la città medioevale di Sharda oggi ubicata nell'isola di Shudrah dopo la costruzione di una grande diga. La tribù illirica di questo territorio si chiamava sardeates e apparteneva all'etnia ghega. Il substrato illirico originario sostiene l’impostazione della lingua e della civiltà della Sardegna come è stato dallo studioso Alberto Areddu nella pubblicazione “Le origini albanesi della civiltà in Sardegna”. L'antica lingua illirica di Sardegna è la premessa del moderno sardo neolatino nazionale moderno che è frutto di un’evoluzione influenzata dal latino, e poi dal catalano e dallo spagnolo. L'ipotesi sardo illirica è sostenuta da più di un autore, nonché da alcuni siti. Ma la voce più autorevole è quella di Erodoto Ηρόδοτος che nel Cap. I paragrafo 94 della sua opera principale Historiae Ιστορίαι parla dell'emigrazione dei Tirreni, popolo tracio e frigio, quindi di estrazione balcanica e anatolica, in Sardegna - dove diedero origine agli shardana nuragici e in Toscana dove diedero origine agli etruschi - quest'ultima è tra l'altro un'ipotesi accettata da quasi tutti gli storici.
Questo antico flusso migratorio indoeuropeo verso la Sardegna si concluse con l'inizio del primo millennio avanti Cristo e potrebbe essere avvenuto, non solo via mare, ma anche sostanzialmente via terra dopo l'attraversamento dell'Adriatico superando la penisiola italica (con il passaggio dalla Romagna alla Toscana) e poi con il popolamento dell'Etruria, della Corsica e della Sardegna. Confermano quest'antica origine balcano-egeica e anatolica dei sardi anche vari studi genetici che li mettono in relazione con le odierne popolazioni dell'area illirica ghega (Montenegro Bosnia e Nord Albania) e con le antiche popolazioni predoriche dell'area peninsulare ellenica: micenei, minoici e pelasgi. In ultima istanza gli albanesi, i sardi e gli etruschi posseggono comune origine anatolica. Nella voce Oliena, si afferma "Il paese, sembra essere nato dall'unione di tribù minori, che si sarebbero poi unite ad un preesistente villaggio, più sviluppato rispetto agli altri, e che quindi offriva più sicurezza contro gli invasori, ormai penetrati in Barbagia. Gli antichi antenati di questi popoli, sarebbero stati gli Iliensi, uomini di mare, fuggiti da Troia in fiamme". Infatti l'altro nome di Troia per i latini era "Ilium". E infatti i romani chiamavano i barbaricini ilienses. Sarà una leggenda ma anche la storia della distruzione di Troia per mano degli achei, i dorici (neogreci), sembrava una leggenda omerica. Secondo leggende locali sempre genti provenienti dall'area egeica avrebbero fondato Osidda e Olbia. Certe espressioni locali degli anziani "e vrecos" (Vecchi), in Barbagia, sostengono : «Aveddos, purros, pupurros, avuzos, argazas, vennios papascuas, po leia, a trupe, stasios e trasidhu, a istrussiu e rebedia zizi chechina, bussiaos e vertera frica, pelau pelau, dadanu dadanu, lumina lumina, chen'isperu, inter'i malesas 'atesas e s'isula iscretia e Sardinna'». (traduzione: Fratelli, uomini, bambini, giovani, donne, venuti di nascosto, o chiedendo il permesso ai locali, o contro la loro volontà, stanchi dei disordini, mossi dalle cattive e più nere disgrazie, pieni di vera paura, dopo aver attraversato l'oceano, il mare, i fiumi, senza speranza, fino a stabilirsi nelle lontane montagne dell'isola spopolata di Sardegna). C'è una sola lingua in Europa che ha che fare con queste espressioni tipicamente barbaricine, ma non è il basco, è l'albanese e l'arvanita
I centri confinanti di Dorgali, Urzulei, e Baunei, sovrastati dal massiccio calcareo del Montesanto (Golfo di Orosei), per via dell'isolamento geografico, hanno avuto un fenomeno di conservazione linguistica simile a quello dell'isola di Eubea (Grecia) culla degli arvanites.
Di seguito è riportato il Padre Nostro in idioma "arvareshu". (“Babbu Nostru” inde sha goia arvaresha o barbaricino)
Babai Xhanu
Babai Xhanu cie ja-sher inde shu celu
ja-shiadh shantau shu lumene è tene
ja-shiadh anca vinnie shu mereu è tene
ja-shiadh bautia sha urdha è tène
Emmo inde shu celu emmo inde sha toca
A nuru tui thommiri gjitianu a sha beca xhana
A nuru tui indergjere a shara deitorara xhanara
Si nuru indergjimuru a shuru deitoriri xhanuru
Tui a nuru momos tommir a shara mashcadhara
Ama tui liriar a nuru inca cecinu
Amen Xheshu.
Si pronunciano le vocali paragogiche, il dittongo finale di parola nj si pronuncia nzu, la j può essere letta z come a Lodine, si fanno le liaisons come nel sardo moderno. (Padre nostro in sardo che non è esattamente la traduzione del precedente: Babu Nostru, Babu nostru chi istas in sos chelos, Santificadu siat su numen tuo, Benzat a nois su rennu tuo, Fata siat sa voluntade tua, Coment in su chelu gai in sa terra, Su pane nostru de onzi die dae nos oe, E perdona nos sos pecados nostros, E non nos dasses ruer in sa tentazione, Ma liberanos dae male. Amen).
Ave Maria: Ave Mari inde sha goia arvaresha (Ave Maria in lingua arvaresa):
Ave Mari imbusa è careshti
Shu Tommeu eshte me teche
Ja-sher shantaa interi shara femerara
shantaa sha pumora è sha branza è tene: Xhesu.
Shanta Mari nenna è Dia
Rexa po nuru mashcadheriri
Tashi eshte sha sara è xhana gatia.
Amen Xheshu.
In lingua arvaresha l'inno al sole shardana, nuragico e illirico. (tra parentesi la pronuncia):
Dillu cadhe inde shu chelu
ondramuru (pr. ondramushu) sha phandela è tè!
diamuru (pr. diamushu) a shu mereu è tè,
diamuru (pr. diamushu) a sha mannia è tè.
Emmo inde pelau emmo inde toca
dillu cadhe inde shu chelu
ondramuru (pr. ondramushu) sha phandela è tè!
A nuru (nushu) tui thommiri (pr. tomishi) gjitianu a shu ishperonju xhanu.
dillu cadhe inde shu chelu.
ondramuru (pr. ondramushu) sha phandela e tè!
Pronuncia:
dillu cadhe inde shu chelu
ondramush sha phandela e tè!
diamush shu mereu e tè,
diamush sha mannia e tè.
emmo inde pelau emmo inde toca
dillu cadhe inde shu chelu
ondramush sha phandela e tè!
a nush tui thommish gjitianu a shu ishperonju janu.
dillu cadhe inde shu chelu
ondramush sha phandela e tè!
(La ph in arvareshu è una p velare).

(E' musicato con le note dell'"hymni kombetar i flamurit")
Adhibishapo - Credo Cattolico:
Adhibishapo inde unu pexiparu Dia,
Babai gjitepostemandu criadhore e shu chelu peri e sha toca,
peri e gjitara shendara cie sis seiane peri uncu sis seiane.
Adhibishapo inde uniparu Tommeu,
unibatiu vixhu e Dia,
pariu e Babai para e gijtara seculara,
Dia pei Dia,
Luina pei Luina, bautiu,
uncu criau, pei pexia shushtasia e Babai,
po meshu e Idu gjitara shendara ja-shene shtetiara criaara,
po nuru purruru,
meme po xhanu orruonju eshte pichau anca shu chelu,
meme po opora e shu shpiridhu shantu eshte impexau inde sha branxa e sha Virgjina Mari
peri si eshte bautiu purru.
Aidu iaividhi circau inde shu poshitu e Ponxiu Pilau,
Aidu vatividhi peri vidhi vorrau.
Shu e tere didiri eshte bavatiau, sicunde shara shcritiara,
eshte acicau anca e shu chelu,
shi aperperinadhe inde sha dadha e shu Babai.
Peri e arre cadhe anca vinnie inde shu lumene po gjiuciae a shuru cie niallane,
meme a shuru vatiauru meme shu meriu su uncu cadhe a cae fundunu.
Babai peri Vixhu eshte adheriu meme lumenau, peri Idu cadhe fallegau po meshu e shuru profetara.
Adhibishapo sha cezha, una, shanta, catolica, apostulica,
pretendapo unu pexiparu batiu po shu indiosonju e shara mascadhara,
capo opes inde shu bavatinju e shuru vatiuru,
meme inde a sha nialla e sha durria cie cadhe a vinnie
Aici shiedhe.

Fonti:
Convegno Internazionale di Tirana sui Pelasgici:

1. ^ SIMPOZIUMI I II-te, NDËRKOMBËTAR MBI PELLAZGËT - TIRANA -  Nga studiuesi italian nga Sardenja Dr. B. Mele, është ndërtuar fjalori i parë i gjuhës së lashtë sarde-shqip-anglisht. Autori vërteton se gjuha e sardëve të lashtë është gjuha pellazge/ilire/shqipe, që përbën një arritje mjaft të rëndësishme të gjuhësisë bashkëkohore. Ndërtimi i këtij fjalorin të parë sardo-shqip-anglisht, përfaqëson një punë kolosale të autorit me rëndësi të madhe historike dhe gjuhësore. Më parë profesori nga Sardenja A. Aredu ka zbuluar se qytetërimi lashtë i Sardenjës është me origjinë pellazgo-ilire. Kështu të dy studiuesit përputhen plotësisht, që sardët e lashtë ose banorët më të hershëm të ishullit të Sardenjës, kanë folur gjuhën pellazge/shqipe.
Studi genetici:
2. ^ Ongoing research by William Hartley, Co-Administrator of the Haplo-I1 and Hartley DNA Projects. Between the ancient european population in the South of Europe, protoeuropeans, at Bosnia and Herzegovina, Croatia and Sardinia is common the Haplogroup I2. Haplogroup I arose in Europe, and is almost non-existent outside of Europe. It originated around 24,000BP, at the start of the Last Great Ice Age, and is indigenous Native European DNA; Native Europeans were independent of Africa over many hundreds of thousands of years, bred with co-native cousins 'Homo Neanderthalensis', and have distinct traits such as light hair and eye colour, and is common between Sardinia and North Albania.
Bibliografia:
• Alberto Areddu - Le origini albanesi della civiltà in Sardegna - Autorinediti.
• Angelo Leotti – L’Albanese Parlato (Ghego) – Cenni Grammaticali e Vocabolario – Hoepli – Milano, 1916.
• Paola Guerra e Alberto Spagnoli – Albanese Compatto – Zanichelli.
• Stephani Byzantii - "Ethnicorum quae supersunt" - Ed. Meineke I, 556.
• Dieter H. Steinbauer, Neues Handbuch des Etruskischen, St. Katharinen 1999; Helmut Rix, Rätisch und Etruskisch, Innsbruck 1998; L.R.Palmer, Mycenaeans and Minoans, Second ed. New York: Alfred A. Knopf. 1965
• Atlante Storico Mondiale De Agostini (Edizione del 1994), pg.61

 

 

Il Salone Internazionale del Libro che si terrà a Torino dal 16 al 20 maggio 2013 ospiterà quest’anno, per la prima volta, uno stand dedicato all’Albania.
Lo spazio espositivo, organizzato e gestito dalCentro di Cultura Albanese, col patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica d’Albania in Italia, ospiterà le opere dei principali autori albanesi contemporanei pubblicate in lingua italiana.

Il pubblico del Salone avrà così l’opportunità di conoscere meglio la letteratura albanese attraverso le opere di Ismail KadarèAnilda Ibrahimi, Ardian Kristian KycykuElvira Dones,Fatos Kongoli, Gezim Hajdari, Ornela Vorpsi, Visar Zhiti, Ylljet Alicka, ed altri autori pubblicati in lingua italiana da diverse case editrici, tra cui Einaudi, Feltrinelli, Longanesi e Tea, Besa e Controluce, Zandonai, Fandango, Diana, Lexis, ecc. 

Una sezione speciale dello stand sarà dedicata alla letteratura in lingua originale, rappresentata da una selezione di titoli scelti di diverse case editrici albanesi, a disposizione del pubblico albanofono. Non mancheranno inoltre le opere di saggistica e quelle di autori italiani dedicate all’Albania.   

Da sottolineare anche la sezione dedicata alla cultura arbëreshe (italo-albanese), curata dall’Associazione Vatra Arbëreshe e patrocinata dal Comune di Chieri, che ospiterà documenti e libri provenienti tra l’altro dall’Università della Calabria, l’Università Orientale di Napoli, l’Eparchia di Lungro (CS), la Biblioteca del Comune di Piana degli Albanesi (PA), ecc.

Lo stand ospiterà infine anche una selezione di titoli in lingua albanese che fanno parte del fondo delle Biblioteche Civiche Torinesi. Costituito nell’ambito del progetto “Passaggio ad Est”, il fondo è composto da oltre 160 titoli, a disposizione dei cittadini albanesi nei 14 punti prestito della rete bibliotecaria urbana. 

Durante i giorni del Salone lo stand ospiterà anche diversi incontri con autori albanesi e italiani.

La partecipazione dell’Albania con uno stand dedicato è stata resa possibile grazie alla preziosa collaborazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, l’Ufficio di Rappresentanza della Camera di Commercio di Tirana a Torino, il Centro Studi Herakles & la Missione Archeologica Torinese in Albania, ed il contributo della comunità albanese di Torino.

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